Michael Jackson e le accuse di pedofilia. Cosa rimane del re del pop?

Nel 1993 Evan Chandler accusò il cantante statunitense, Michael Jackson, di aver abusato del figlio, Jordan Chandler.

Il 17 agosto la notizia si diffuse durante il Dangerous World Tour, ed ebbe ripercussioni sull’immagine del cantante e sulle vendite dei dischi. L’indagine si chiuse il 22 settembre del 1994, citando la “mancanza dell’evidenza dei fatti” senza la testimonianza di Jordan, anzi, lo stesso Jordan quando l’investigatore privato di Michael gli chiese se avesse mai subito molestie dal cantante rispose di no, e aggiunse che l’obiettivo del padre fosse solo quello di ottenere denaro.

Nel 2003, vennero lanciate altre accuse contro Michael, che andarono poi a sfociare nel 2005, anno in cui si tenne un processo penale presso il Tribunale Superiore della contea di Santa Barbara, a Santa Maria, in California, in cui Jackson venne accusato di aver molestato Gavin Arvizo, un ragazzo che lo stesso cantante aveva aiutato a guarire dal cancro e che aveva tredici anni al momento del presunto abuso. Il 13 giugno 2005, dopo circa quattro mesi di dibattito, la giuria riconobbe Michael Jackson non colpevole rispetto a tutte le accuse. Era quindi  innocente.

Credit to the owner
Credit to the owner

A gennaio del 2019, va in onda un documentario chiamato Leaving Neverland, che arriverà in Italia il 19 e il 20 marzo e che riporta le storie di Wade Robson e James Safechuck, i quali raccontano che Jackson aveva abusato di loro quando ancora erano ragazzini: i due raccontano gli abusi nel dettaglio e in nessun modo lasciano il dubbio che si tratti di falsi ricordi.

Nel 2012 Robson ebbe un esaurimento nervoso innescato, a suo dire, da un’ossessiva ricerca del successo. La sua carriera, secondo le sue stesse parole, iniziò a «sgretolarsi». Nello stesso anno, l’ormai ex coreografo cominciò a proporre a vari editori un libro in cui affermava di aver subito molestie sessuali da Michael Jackson. Ma nessuno di questi lo prese in considerazione.

Fallito il tentativo editoriale, nel 2013 Robson decise di giocarsi la carta giudiziaria, intentando una causa civile per le presunte molestie subite nei confronti dell’Estate di Michael Jackson e delle società di quest’ultimo, con richiesta di risarcimento pari a 1,5 miliardi di dollari. Con lui, James Safechuck, il quale affermò di essersi reso conto di poter essere stato abusato solo dopo la denuncia presentata da Robson.

Durante tale causa, i due furono scoperti durante un maldestro tentativo di inquinare o occultare prove importanti ai fini del procedimento giudiziario. Un episodio che ne minò presto la credibilità. Nel 2016, il tribunale respinse le loro rivendicazioni. Persa la causa, Robson e Safechuck non si arresero e decisero di contattare un regista semi-sconosciuto di nome Dan Reed, che già in passato si era occupato del tema della pedofilia dirigendo il documentario “The Paedophile Hunter (2014). Nel giro di due anni, in assoluto segreto, il trio riuscì a trovare due finanziatori: l’emittente statunitense HBO e quella britannica Channel 4, che si garantirono l’esclusiva per il futuro, scabroso documentario.

E arriviamo così alla notte tra il 9 e il 10 Gennaio 2019, ora italiana. Quando, come un fulmine a ciel sereno, il prestigioso Sundance Film Festival, diretto da Robert Redford, annuncia all’ultimo momento la presentazione di un documentario di quattro ore nel quale due «trentenni» accusano Michael Jackson di aver abusato di loro dall’età di 7 anni fino alla prima adolescenza.

Nel documentario, mandato in onda nonostante nella legislazione americana il reato di diffamazione non si applica alle persone decedute, vengono intervistati solo i due protagonisti e i loro stretti familiari, non ci sono quindi altre voci oltre alle loro, il regista Dan Reed non si è quindi premurato di ascoltare o di riportare la versione dei fatti di uno dei rappresentanti legali o della fondazione che cura gli interessi di Jackson. Ed inoltre vi sono delle evidenti incongruenze nelle parole di Wade e James che, per altro, avevano entrambi testimoniato per Michael sia nel 1993 sia nel processo del 2005, negando gli abusi mentre oggi cambiano versione.

Veduta aerea di Neverland – Di John Wiley

Per esempio, Safechuck ha detto di aver trascorso il giorno del Ringraziamento del 1987, che quell’anno cadeva il 26 novembre, con lui a casa sua, quando Michael era in realtà in Australia, a Brisbane, per il tour di Bad. Sostiene nel film che gli abusi si siano intensificati dopo la performance di Jackson ai Grammy’s del 1989 a New York. Il Re del Pop, però,  non ha mai partecipato a quell’edizione, che si svolgeva a Los Angeles e non a New York. E ancora dichiara di essere stato abusato più volte dal 1988 al 1992 in una stanza sopra la stazione ferroviaria a Neverland. In realtà i permessi per la costruzione della stazione furono concessi solo il 2 settembre 1993 e i lavori terminarono agli inizi del 1994. Quindi, fino al 1994 non vi era nessuna stazione ferroviaria.

Invece, Wade Robson ha detto di essere stato a Neverland “centinaia di volte” ma, quando fu interrogato, dichiarò sotto giuramento di esserci stato 14 volte, di cui solo 4 quando era presente Michael. Il giornalista britannico Mike Smallcombe ha scoperto che la storia raccontata da Wade Robson in Leaving Neverland è in totale contraddizione con una deposizione giurata rilasciata da sua madre Joy nel 1993, durante il caso Chandler.

Nel documentario Robson afferma di essere stato abusato per la prima volta nel gennaio del 1990, quando la sua famiglia partì per il Grand Canyon lasciandolo da solo con Jackson. Eppure, nella sua deposizione giurata, Joy Robson non solo dichiarò che a quel viaggio nel Grand Canyon prese parte pure il figlio Wade, ma che quest’ultimo non fosse mai rimasto da solo con Jackson prima del 1993. Parole confermate dallo stesso Wade Robson nella sua testimonianza del 2005, durante la quale affermò di essere rimasto per la prima volta a Neverland senza sua madre «nel 1992 o 1993», e comunque sempre in compagnia dei coetanei Macaulay Culkin e Brett Barnes.

Il 26 aprile del 2021 la Corte Superiore di Los Angeles ha archiviato di nuovo la causa intentata da Robson contro le società e l’Estate di Michael Jackson, in quanto le sue accuse sono da ritenere «inattendibili».

L’avvocato dell’Estate di MJ dichiara che “ad oggi, un giudizio sommario contro Wade Robson è stato concesso per tre volte diverse da due diversi giudici della Corte Superiore. Wade Robson ha trascorso gli ultimi otto anni a perseguire pretese futili in diverse cause legali contro l’Estate di Michael Jackson e le società ad essa correlate. Robson ha raccolto quasi tre dozzine di deposizioni e ha ispezionato e presentato centinaia di migliaia di documenti cercando di provare le sue affermazioni, ma un giudice ha ancora una volta stabilito che le affermazioni di Robson non hanno alcun fondamento, che non è necessario alcun processo e che il suo ultimo caso va archiviato”

 

In precedenza, anche la causa intentata dall’altro accusatore, James Safechuck, era stata respinta con le medesime motivazioni.

A riguardo alla vicenda , abbiamo voluto intervistare Giusy Mascolo, membro della direzione del Michael Jackson FanSquare, FanClub italiano ufficiale riconosciuto dallo stesso Jackson nel 2004. Dalla nostra intervista è emerso che nonostante le accuse smentite che continuano a circolare ancora oggi, Michael Jackson abbia lasciato un segno indelebile nella storia della musica e soprattutto dell’umanità, dimostrando al mondo che si può fare del bene anche mentre si è circondato dal male.

Secondo te, in che modo la community vive e gestisce la questione delle accuse, soprattutto sui social?

La community è condivisione, non solo di contenuti, ma anche di sentimenti comuni. L’argomento “accuse” è di certo uno dei più complessi e la community ha avuto un ruolo assolutamente fondamentale nell’aiutare tanti fan, e non solo, a distinguere la verità dalle distorsioni spesso offerte dai media. L’approccio del Michael Jackson FanSquare è sempre stato quello dell’oggettività, fuori da ogni schema di fanatismo che ci avrebbe limitati alla classifica difesa “per partito preso” e che inevitabilmente ci avrebbe reso poco credibili.

Attraverso attività di ricerca e traduzione abbiamo supportato ogni verità riguardante Michael Jackson con fatti e documentazioni. “Attivismo” forse è il termine che meglio identifica il modo in cui la community e il Michael Jackson FanSquare vivono e gestiscono la questione accuse, e noi del Michael Jackson FanSquare abbiamo imparato a strutturare e gestire tutto questo, contribuendo in maniera massiccia alla diffusione della verità su Michael Jackson.

Cosa hai pensato quando sei venuta a conoscenza dell’accusa di pedofilia?

 In prima battuta il sentimento prevalente è stato l’incredulità. Ho iniziato ad avvicinarmi a Michael proprio nel periodo i media lo descrivevano come un “mostro”. Ho iniziato ad avvicinarmi alla sua musica e più imparavo a conoscerlo, più quelle accuse mosse contro di lui mi apparivano assolutamente lontane dalla realtà. Così ho cominciato a “guardare oltre”, ho scoperto il forum del Michael Jackson FanSquare (in quegli anni Facebook non era ancora in voga) e ho iniziato a rendermi conto di come i media offrissero una versione della realtà totalmente distorta e manipolata, a discapito di un uomo messo alla gogna in maniera ingiusta e disgustosa.

 Oggi come è cambiato il tuo pensiero?

 Quel sentimento di iniziale incredulità è andato trasformandosi in rabbia, ho visto un uomo e un artista straordinario condannato a morte dall’opportunismo delle persone a cui aveva dato aiuto, da un sistema mediatico malato e corrotto.

Michael Jackson ha dato se stesso al mondo, sia artisticamente che umanamente. Non si è mai risparmiato nell’aiutare chi ne aveva bisogno, soprattutto i più piccoli.  Nel suo ranch, Neverland, i bambini malati potevano ritrovare un po’ della felicità perduta. In ogni tappa dei suoi tour mondiali faceva visita a ospedali e orfanotrofi. Michael ha dato amore a chiunque ne avesse bisogno, ricevendo in cambio solo menzogne e opportunismo.

 Questa vicenda ha mai fermato o affievolito l’amore e la passione che hai per Michael e la sua musica?

 Assolutamente no, al contrario, mi ha avvicinata ancora di più al suo mondo. Ho capito ancora di più l’importanza dei valori che ha voluto trasmettere attraverso la sua musica e attraverso la sua vita. Per questo vorrei che i giovani fan potessero percepire le stesse cose, possano imparare ciò che io ho appreso, possano avvicinarsi alla sua arte e dissolvere qualsiasi eventuale dubbio.

 Secondo te cosa rende Michael e la sua musica ancora un’icona tra i giovani?

 La musica di Michael è colma di innovazione, è stato un pioniere sotto tanti aspetti.

Ha marcato la strada e ha alzato l’asticella a livelli iconici.

Il sound delle sue canzoni, i passi di danza, le coreografie, i suoi outfit, tutto è entrato in un panorama storico-culturale che affascina anche i più giovani perché sa di leggenda.

I testi delle sue canzoni contengono messaggi universalmente riconosciuti: amore tra i popoli e per il nostro Pianeta, inclusione, uguaglianza tra gli esseri umani, fede… Anche questo lo rende un artista mai fuori moda, sempre vicino alle nuove generazioni.

 

Attraverso quali azioni Michael potrebbe essere un esempio per i giovani?

Michael durante tutta la sua vita è stato un esempio di essere umano autentico, lo abbiamo visto prendersi cura dei bambini affetti da malattie letali, lo abbiamo visto recarsi personalmente negli orfanotrofi e negli ospedali a distribuire giocattoli e serenità.

Lo abbiamo visto riunire 45 artisti magnifici che per il progetto “USA for Africa”.  Registrarono il brano “We Are The World”, attraverso cui vennero raccolti oltre 100 milioni di dollari, interamente devoluti alla popolazione dell’Etiopia, al tempo afflitta da una disastrosa carestia. E potrei andare avanti con decine di altri esempi e testimonianze.

Michael ha amato in modo autentico l’umanità, ha donato tutto l’amore di cui era capace. Ci ha insegnato a prenderci cura l’uno dell’altro ed è questa la strada che noi, come community, abbiamo deciso di seguire.

Continueremo a camminare lungo la via che lui stesso ha tracciato. La solidarietà e la beneficenza sono e saranno sempre un tassello fondamentale dell’attività del Michael Jackson FanSquare.

Oltre a celebrare un artista immenso, cercheremo sempre di essere portatori di quei valori sani a cui l’uomo Michael Jackson è stato fedele per tutta la sua vita.

di Roberta Iacomino