Piedi in aria: siamo anime in altalena

altalena“Siamo anime in altalena su un terreno di ricordi”, borbotto mentre sono qui, nell’unico posto rimasto intatto nei miei ricordi.

Io la chiamo ‘l’altalena alla fine del mondo’, è solo per i più coraggiosi. È solo per chi sa osare. È sempre stata qui, agganciata ad un albero nel bel mezzo di un dirupo, in modo tale che, mentre ondeggia avanti e indietro, hai una scarica di adrenalina che ti fa pensare ad un’era passata della nostra vita che resterà con noi, per l’eternità. Ogni tanto la domanda mi nasce spontanea: come posso avere il coraggio di dondolarmi nell’abisso?

Intorno a me, ho un parco intero dove rifugiarmi, riflettere e pensare, ma è la vista mozzafiato dell’infinito che mi circonda che voglio. Un posto così pauroso, per chi ha paura dell’oblio, quanto meraviglioso, affascinante. Lo considero il mio mondo, mentre lentamente chiudo gli occhi. Niente è com’è, perché tutto è come non è. E viceversa! Ciò che è, non sarebbe e ciò che non è, sarebbe!

Sapevo però che sarebbe stato sufficiente riaprire gli occhi…per tornare alla sbiadita realtà senza fantasia.
Mi dondolo sull’altalena con molta spensieratezza, quando incomincio ad immergermi nelle mie reminiscenze più nascoste.

Mio padre mi portava spesso da bambina in questo posto. Mi torna alla mente lui, quando mi guardava sorridendo e mi dondolava pigramente attendendo qualcosa che non arrivava mai. Le ore passate a dondolarmi…tutto ciò non mi stancava mai, ma d’altronde, a tutto c’è una fine. L’unico modo per farmi scendere era spingermi giù. In questo non ero brava come gli altri bambini, che non avevano paura di rompersi un braccio o di sbucciarsi il ginocchio. Ricordo che per me, spingermi giù, era come andare incontro al vuoto, per poi atterrare…e a me questo incuteva terrore. Era come l’attesa di uno sparo. Non ti mette paura lo sparo in sé, ma è l’attesa quella terrificante.

Ora sono qui, a dondolarmi in solitaria, quando una folata di vento mi distrae, facendomi perdere la presa e cado. Mi ritrovo a terra, distesa a guardare lo spazio silenzioso che mi circonda, capisco che non era stata solo una folata di vento a farmi cadere, ma mio padre.
Resto immobile, a sorridere all’azzurro che mi riveste.

Letizia Paolucci II A

 

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