Giorno 17, vi parlo dall’inferno: di Marco nessuna traccia

MarcoEra notte nel bosco, quella vecchia civetta continuava a lamentarsi. Faceva bene, era umido. Quasi come quella volta che Marco li aveva invitati a cena a casa sua. Che belli quei momenti!  Indimenticabili  soprattutto per Matteo che,  prima di uscire con Marco e Giovannino, così chiamato per la sua statura che da quattro anni era sempre la stessa, se ne stava tutto il giorno a casa a progettare la sua estate.

La madre era stata sempre un tipo poco permissivo, poche cose le andavano a genio degli amici el figlio; di Giovannino invidiava il rendimento scolastico, mentre di quello scapestrato di Marco criticava persino il taglio di capelli. I due amici si stavano dirigendo proprio verso il bosco; Giovannino li avrebbe aspettati li poiché abitava qualche metro prima dell’inizio della faggeta. Era stata un’idea di Marco quella di andare a esplorare i nuovi sentieri che erano stati segnati ad opera del comune, per rivivere quelle emozioni che un tempo si trasmettevano di padre in figlio quando la domenica si imbracciava il fucile e si andava per i boschi a cacciare cinghiali. La meta dei tre ragazzi era la cascata che si trova al centro della parte storica del paese; con quel caldo un bel bagno rinfrescante in quelle acque gelide ci stava tutto. Giovannino non amava le escursioni, si era unito soltanto perché i due lo avevano minacciato che lo avrebbero preso in giro per la sua fobia dei cinghiali davanti a Marika, la ragazza che fin da piccolo aveva tenuto impegnato il tenero cuore di quel timoroso ragazzo. Insomma c’era ogni condizione adatta per passare una bella giornata tra la natura fino a che non sentirono quel grugnito.

“Un cinghiale! Un cinghiale”, urlò Giovannino con la sua voce tremolante mentre con gli occhi sbarrati dalla paura correva tra i rovi della foresta ,

“No, fermo! “ non fece in tempo a dire Matteo che già non si vedeva né si sentiva più la voce del piccoletto impaurito;

“Che pollo! Giusto un pollo può aver paura di un cinghialetto” replicò subito Marco con il suo umorismo pungente.

“E ora che facciamo?“ disse tutto preoccupato Matteo

“Eh andiamogli dietro, ormai pare che la foresta se lo sia inghiottito”, disse Marco sbuffando e con tono saccente. Così i due iniziarono a seguire la pista lasciata tra gli alti rovi dell’amico; camminarono per qualche minuto fino a che Marco non alzò gli occhi al cielo  per controllare le condizioni climatiche. “Oh porca vacca!” esclamò con stupore e disappunto .

Il cielo si era annuvolato, ma non come i due ragazzi erano abituati a vedere. Il cielo era completamente nero, come se da quel muro di nuvole oscure non potesse transitare alcun raggio di sole. Abbassando gli occhi cambiò tutto, Marco si sentì la terra sotto i suoi piedi cedere, stava sprofondando e in un attimo si sentì morire, come se una mano gigante lo sfiorasse e lo uccidesse, come se dei cani rognosi lo stessero trascinando nella loro tana per cibarsene , una scena orribile per gli occhi intimoriti dell’ingenuo Matteo che non poteva fare altro che starsene a guardare.

Ebbene si, il suo amico era caduto in una “ciaccamoniche ” come la chiamavano da quelle parti. Secondo gli abitanti del posto, ogni secondo mercoledì del mese si udivano urla moleste dal profondo  della selva. La leggenda narrava che venissero praticate messe sataniche da parte della “Fazione Gamma” del gruppo dei cacciatori locali e così, per tranquillizzare i paesani spaventati, le autorità avevano fatto piazzare nel bosco delle trappole. Fino ad allora avevano catturato soltanto qualche tasso sfortunato o qualche incauto cinghiale ; ma adesso era Marco che si trovava lì dentro e Matteo non si era mai sentito cosi solo.

Era giunta ormai l’ora di ritornare a casa, ma l’unico che poteva ritenersi sano e salvo era proprio Matteo, l’unico dei tre ragazzi che riuscì a tornare indietro e a chiamare i soccorsi mentre nel bosco calava la notte; Eh sì! Era notte nel bosco e si udiva sempre la solita civetta lamentarsi…

Fareste bene a darle ascolto, chi sono io? Sono colui che grugnì e poi scappò per codardia.

….e di Marco ancora nessuna traccia.

Cristian Adolini V D